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Caffè d’orzo in tazza grande
Una volta quando arrivavi al bancone di un bar le opzioni erano sempre quelle. Caffè (normale, lungo, corretto), macchiato (caldo o freddo) e cappuccio (con poca o tanta schiuma). Poi si è passati a varianti assurde su colore della schiuma, temperatura, aggiunte di vario tipo (cacao o cannella). L’ultimo stadio sono le ardite costruzioni architettoniche multistrato, che vengono offerte in diverse catene di caffetterie.
Quello che però ha rotto gli argini e dato via al tutto è stato lui: il caffè d’orzo in tazza grande. Nato come surrogato povero del caffè in tempo di guerra, non si sa perché un giorno ha cominciato a intrigare. Quello che però non capisco è la tazza grande. Perché? Fateci caso: alla fine la quantità non è mai quella di un americano, che ha un suo perché nella tazza del cappuccio. Il caffè d’orzo quasi mai supera le quantità di uno lungo. Quindi perché sta cavolata della tazza grande? Dove nasce? Mah…
