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Post vacanziero didascalico

In effetti se uno segue solo il mio blog ma non mi ha come amico su Facebook o Twitter, ha un’idea molto parziale del giro che stia facendo. Rimedio subito. Il 12 sono partito da Milano, scalo a New York e arrivo a Portland. Non quella famosa dell’Oregon ma quella sfigata del Maine. Sfigata per modo di dire, perché il primo giorno ha riservato belle sorprese. La cittadina era carina e subito abbiamo fatto un giro in battello della baia. In serata poi, a sorpresa, abbiamo origliato da fuori un concerto dei Beach Boys. Ci siamo poi mossi sulla costa, tra un faro e un lobster. Ora stiamo finendo due giorni pieni all’Acadia N.P., stando di base a Bar Harbor. È il cuore naturalistico dell’itinerario.  Il clima, come già scritto, è molto meglio del previsto e io mi sto prendendo molto sole, come scriverò.

 

Dentro un quadro di Hopper

Giornata a zonzo per Portland, che si è rivelata piccola ma più carina di quanto pensassi. Nel pomeriggio abbiamo preso il traghetto postale e abbiamo fatto il giro della baia. Tutti gli isolotti erano un brulicare so fantastiche ville che, al bel sole di oggi, sembravano uscite da un quadro di Hopper. Non a caso artista della zona. Tre ore tra sole, brezza marina e bei panorami. Dev’essere una vitaccia vivere qui.  

 

Crescendo rossiniano alberghiero

La prima lunghissima giornata di viaggio è finita. Iniziata uscendo di casa alle 9 italiane e finita infilandosi in un letto del Maine alle 1.30 di notte. Al netto del fuso, quasi 22 ore filate (o quasi) sveglio. Il primo motel statunitense è un motel 6. Si legga sul vocabolario alla voce cheap. Del resto nelle prime notti abbiamo optato per soluzioni di più basso profilo per andare a salire finendo con soluzioni decisamente carine (si spera) tra New York e Las Vegas. Intanto lo smaltimento del fuso sembra andare bene. Vediamo cosa ci offre oggi di interessante Portland.