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Da grande voglio essere Ian Poulter

Il golf è visto come uno sport giocato nella quiete e nella natura. Anche nei grandi tornei vige un religioso silenzio, rotto talvolta da urla di entusiasmo in occasione di un tiro particolarmente bello. Tutto vero.

Tranne per tre giorni ogni due anni. I tre giorni della Ryder Cup, la sfida che vede opporsi i dodici migliori golfisti statunitensi contro i loro pari grado europei.

In quei giorni c’è tifo da stadio, cori, entusiasmo. Ci sono giocatori che urlando in faccia ai tifosi avversari la loro gioia. Soprattutto quando si gioca oltreoceano e il pubblico, per definizione, è meno british. “iu es ei, iu es ei” si alterna o “olè olèolèolè olè olè”.

Il golf è vinto anche come uno sport individuale ma in quei giorni c’è un capitano, una squadra e una bandiera dietro la quale radunarsi. Poco conta che gli europei oltre a quella blu con le stelle in cerchio abbiano anche il vessillo nazionale. La squadra di Ryder è un grande esempio di europa unita. E vincente.

L’edizione 2012 si è chiusa ieri con un epilogo a sorpresa. Dopo i primi due giorni la betoniera a stelle e strisce stava asfaltando la truppa del vecchio continente. Alla vigilia dei 12 match di singolo di domenica gli sarebbe bastato vincerne 4 e pareggiarne 1 per vincere il trofeo. Invece…

Guidati da un fantastico Ian Poulter, non certo mister simpatia (soprattutto per gli americani, oggi ancora di più) ma uno agonista come pochi, gli europei hanno inanellato un punto dopo l’altro, fino ad arrivare al putt vincente del tedesco Kaymer (uno dei giocatori più in crisi del 2012), che ha reso inutile la fine della sfida tra il nostro Molinari e Tiger Woods.

A riguardare le immagini di una giornata del genere non ci si puo’ non innamorare del golf.

“…settanta euro buttati…”

In genere non sono amante del trash su youtube ma sarò sempre grato al mio amico omonimo rhodense per avermi fatto conoscere forse il peggior recensore di videogiochi di tutti i tempi.

Non c’è neanche da perderci tanto tempo a spiegare il perché di questa affermazione, basta guardare due suoi video (tra l’altro fatti sulle demo…). Due titoli di ottimo livello liquidati da lui con un lapidario “…settanta euro buttati…”.

Meritevoli di sottolineatura i suoi commenti sugli sport americani (o più in generale su tutto quello che non è calcio) e alcuni commenti che definirei vagamente razzisti.

 

All’ombra dei Big Three

Il golf italiano sta vivendo il suo periodo d’oro. Abbiamo tre giocatori di livello mondiale come mai è successo in passato: Francesco Molinari, Edoardo Molinari e il giovanissimo Matteo Manassero. Nel 2010 hanno fatto tutti faville. Tra Ryder Cup, vittorie individuali e World Cup. Con la bocca buona, questo 2011 è passato un po’ in sordina perchè è mancato forse l’acuto ma tutti e tre si sono confermati a ottimi livelli. Questo ha fatto passare un po’ in sordina l’ottima annata di un altro giovane italiano: Lorenzo Gagli. Uscito dalla gavetta del Challenge Tour, ha offerto una costanza di risultati nel circuito maggiore davvero impressionante. L’ombra dei Big Three forse gli ha tolto un po’ del risalto che avrebbe meritato o forse gli ha consentito di crescere senza grosse pressioni. Non abbiamo la controprova. Ieri comunque la stagione si è conclusa col Dubai World Championship, dove si sono sfidati i 54 migliori giocatori della classifica europea e lui era lì, assieme ai tre grandi. Grande anche lui. Grazie Lorenzo.

Musicoterapia

Oggi ero a pranzo dai miei. Nonostante avessi caricato le mazze da golf in auto, il mix di clima e pigrizia mi stava facendo rientrare a casa. Ero quasi al cancello dei box quando per radio hanno passato una delle mie canzoni preferite: every little thing she does is magic dei Police. Ho invertito la macchina ed eccomi a colpire palline al campo pratica 🙂