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Introduzioni gastronomiche 

grissini-torinesiLe mie ultime tre storie serie, che abbracciano un ampio lasso di tempo (non sono certo uno sciupa femmine) non presentano particolari tratti comuni fra di loro. Ognuna però è stata segnata da un particolare alimento che senza di esse non sarebbe mai entrato in casa mia. Conta e non conta il saper cucinare, è proprio un alimento che ormai è indissolubilmente legato, come ricordo, alla persona.

S., vegetariana, è colei che ha fatto entrare nel mio freezer le cotolette di soja, che peraltro consumo ancora di tanto in tanto.

F. ha invece segnato il periodo della bresaolina. Un salume magro… una contraddizione in termini. Lo assaggiai solo in momenti di scorte alimentari prossime allo zero.

L. (Aka la “A.s.”) sarà segnata per sempre dai grissini, alimento che non mi è mai piaciuto e che, tra l’altro, la identifica sommariamente in senso geografico.

 

Too much

Manifesto della superficialità:

Ore 23.10 – linea 94 da piazza vetra in direzione Cadorna. Saliamo in 4. Io e tre notevoli fanciulle over 1.75. Le chiameremo la Bionda, la Sudamericana e l’Altra.

S: ma li hai visti i ragazzi di Dior?

B: sì ma non ce n’è nessuno ok. Ieri invece ero a pranzo con cippirillo (nome inventato per tutelare la privacy) e c’era uno fatto per me. Alto due metri muscoloso e biondo.

S: allora piaceva anche a cippirillo (e giù risatine isteriche)

B: allora ci siamo seduti vicino ma sto qua guardava su Instagram le foto di un figo che mangiava la banana e ho capito che non era per me (giù altre risatine isteriche)

Segue chiacchiericcio su un locale “mezzo gay e mezzo estero” che le avevano consigliato con i camerieri mezzi nudi e poi si chiude col botto

B: sì però… Tra tutti i ragazzi che conosco anche metà e metà, il mio preferito è cippirillo. 

S: uhhh ti piace cippirillo (è “uhhh” è stato scritto sparato a una frequenza da crepare i vetri del bus).

Manco le ragazzine delle superiori fanno certi discorsi. Ok, di spaccato umano per stasera ne ho abbastanza. Fatemi tornare a casa.

Darsena by night

Risultati del people watching alle ore 02.00 a.m. alla nuova Darsena.

– il motto è “non sembra neppure di essere a Milano”. Il fatto è che non lo sembra veramente.

– la frase seguente è “ma ti ricordi quando qui…”, anche se hai 20 anni e non ti ricordi neppure quando c’era il posteggio.

– se non hai un bicchiere o una bottiglia  in mano sei out.

– con la bottiglia o il bicchiere in mano devi per forza farti una vasca.

– se sei under 25 hai l’alternativa dello svacco di compa in 12 su una panchina. 

 

Cohimbra Portugal in due minuti

Poi una domenica sera di inizio primavera, rientrando in metropolitana a casa, ti viene in mente questa stupida canzone. Avevo il vinile.

 

Leonard and I

Da qualche sera a questa parte ho ripreso la sana abitudine di guardarmi un paio di puntate di The Big Bang Theory sotto le coperte, prima di andare a letto. Sto guardando l’ottava stagione (l’ultima) in italiano. Non e male per ora, però c’è qualcosa che mi fa prendere meno. Molto superficialmente potrebbe essere il nuovo taglio dell’attrice che interpreta Penny. Più filosoficamente potrebbe essere una minore immedesimazione con Leonard e la sua storia con Penny, come avevo invece in passato. Più tecnicamente potrebbe anche darsi che la serie sta scendendo in po’ dai suoi picchi di divertimento, magari anche perché dopo sette stagioni il tira e molla tra i due suddetti personaggi è finito, per lasciar posto a una storia “tranquilla”. Tant’è, comunque mi piace ancora.

 

First cut is the deepest

Stasera concerto di Cat Stevens (vi scrivo durante la lunga pausa di venticinque minuti). Già tra i primi brani fa il motivo principale per il quale sono venuto: first cut is the deepest. Non posso non pensare che quando si viene feriti le prime cose che si pensano sono due: non lascerò che mi feriscano ancora e non ferirò mai nessuno così. Purtroppo l’esperienza mi insegna che entrambi i buoni proponimenti, per quanto ci si impegni, vengono disattesi. Non resta che provare a limitare per quanto possibile i danni.

Diamo i numeri

2 – 24 – 29 – 10 – 12 e… 500 🙂

 

Scrivere per me ma non solo

Ormai da tempo non mi lamento più, se non talvolta ironicamente, dei miei “quattro lettori”. La verità è che nel mio piccolo ho alla fine creato un piccolo grande zoccolo duro di chi mi legge e un altro piccolo gruppo di lettori saltuari che si alternano e variano a seconda del tempo. In questo periodo mi sono capitati eventi che mi hanno spinto a ragionare su il mio rapporto con i lettori. Per quanto questo blog resti una grandissima valvola di sfogo per il mio egocentrismo (e già mentre lo scrivo penso ad un’amica storica ma solo saltuaria lettrice), mentre scrivo mi capita di pensare a chi potrebbe leggere o non leggere le mie cavolate. Per esempio c’è una persona platonicamente molto importante per me in questo momento che non vuole leggere il blog perché teme che se no sarei influenzato, scrivendo, dal fatto che potrebbe leggere. Altra gente mi ha dimostrato come da queste pagine si possa avere un’immagine distorta di me (c’è chi mi ha catalogato uno sciupa femmine… Vorrei proprio capire da dove l’ha desunto). Ancora poi ci sono persone a cui effettivamente penso quando scrivo, siano esse YdR che mi contesterà qualche mia presa di posizione o qualcun altro che influenza post pubblicati dopo il tramonto. In tutto questo non ci trovo comunque nulla di male. Anzi. Rispetto al passato in cui questo blog era molto più impersonale, vuol dire che qui ci metto almeno un pizzico di me.