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#Expo2015 non è stata la prima Esposizione Internazionale a Milano

Forse non tutti sanno che… Expo 2015 non è stata la prima esposizione internazionale a Milano, ancorché sia stata la prima “Universale”. Tra l’800 e il 900 ci furbo anche diverse kermesse non ufficiali e una di queste si svolse a Milano nel 1906.
Di quella manifestazione, alcune cose sono giunte fino a noi e altre hanno influenzato in modo deciso la città. L’unica costruzione giunta fino a noi è l’acquario civico, mentre il grosso della manifestazione si svolse in quella che poi è diventata l’area di Fiera Milano e fino ad allora adibita a piazza d’armi.
Per approfondire un po’ la cosa, vi consiglio la pagina di Wikipedia.
Sorgente: Esposizione internazionale di Milano (1906) – Wikipedia
Roberta Vinci ha vinto anche me
Seguo il tennis, in particolare quello femminile. In particolare nel particolare seguo Flavia Pennetta. Però da tifoso italiano seguo qualsiasi tennista a tricolore (No, non chiedetemi di Camila…). Però non avevo mai ascoltato Roberta Vinci in interviste, forse qualcuna ai tempi degli Slam con Sara Errani. Ieri invece mi sono fatto una scorpacciata di Eurosport e me la sono vista nelle interviste post partita e a Game Set and Mats. Sinceramente mi ha conquistato, con la sua spontaneità e la sua sincerità. Ti dice che non ci credeva che poteva battere Serena Williams e le credi, sinceramente. Così come credi che nonostante questo si è giocata ogni punto alla morte. In questo atteggiamento un po’ mi ritrovo. Sapere di non avere molte possibilità non vuol dire provarci comunque, vuol dire essere oggettivo. Così come le credi anche quando dice che è il giorno più bello della sua vita ma le dispiace anche per il pubblico americano e per Serena, che meritava il Grande Slam ma… “oggi è il mio giorno”. E giù applausi. In semifinale non aveva il pubblico contro di lei ma a favore della sua avversaria. Con quell’intervista sul campo, in finale avrà tutti gli Usa tennistici dalla sua parte e anche per me tifare Pennetta non sarà così facile.
Un ultimo pensiero, prima di lasciarvi al video dell’intervista. Quando la Schiavone ha vinto il Roland Garros, la finale era tutta da giocare. Si sperava in una vincitrice italiana e alla fine c’era stata. Qui oggi possiamo goderci davvero la partita. Chiunque vincesse sarò contento, saremo tutti contenti: il tricolore sventolerà su Flushing Meadows.
Quiet please
Oggi il mito si perpetua. Oggi ricominciano a scorrere fiumi di Pimms e vagonate da fragole e panna. Oggi non c’è erba del vicino che sia più verde di quella. Insomma, oggi comincia Wimbledon.
Per la quinta volta consecutiva ho in programma di andarci (fatti i debiti scongiuri per problemi di lavoro dell’ultima ora che stanno emergendo…). Sempre al venerdì della prima settimana. Se nel 2011 ci eravamo presi un giorno in più da attaccare all’Hard Rock Calling di Hyde Park, cercando (con successo) di prendere un biglietto last minute, negli anni successivi abbiamo perfezionato il nostro metodo.
Mesi prima si prende il volo, poi si prenota l’albergo. Infine si combatte su Ticketmaster per accaparrarsi i biglietti messi in vendita 24 e 48 ore prima. Quest’ultimo passaggio, affinato con l’esperienza, quest’anno mi desta qualche preoccupazione in più. Andasse male, alla peggio c’è La Coda. Anche se eviterei volentieri…
Un’altra novità di quest’anno è che mentre in passato ero sempre in compagnia di entusiasti di Wimbledon, gente che come me avvertiva l’emozione nel varcare i sacri cancelli dell’All England Tennis and Croquet Club, quest’anno devo trasmettere un po’ di questa magia a chi ne è geneticamente sprovvisto.
Come fare?
Forse facendo capire che non è l’evento sportivo in sé l’importante quando si va lì. Forse spiegando che anche passeggiare fra i campi minori, guardando match fra giocatori che non si sa chi siano, è bello. Forse ci riuscirò solo in loco: sedendosi su The Hill, in mezzo a migliaia di persone, a guardare sul grande schermo un match che si gioca a pochi metri di distanza. Wimbledon non è un evento sportivo: è una favola, è un rito pagano collettivo che sopravvive allo sport milionario.
Expo: il flop al contrario
Quando un evento coinvolge un gran numero di persone, in genere il problema (soprattutto in Italia) è convincerle a utilizzare i mezzi pubblici in luogo dell’auto privata. Con Expo no. A quanto pare la stragrande maggioranza dei visitatori arriva in metropolitana o in treno, altrimenti con pullman organizzati. Tutti contenti? A quanto pare no. I tre parcheggi languono è così si è pensato di offrire il biglietto serale gratis nei weekend a chi li utilizza. Non è che in Italia siamo diventati tutti di colpo amanti del mezzo pubblico. La verità è un po’ diversa. I parcheggi sono lontani e poco pubblicizzati. Chi di voi conosce il parcheggio di Arese o quello di Trenno? Inoltre sono pure scomodi perché poi bisogna prendere una navetta. Molto meglio, per chi ha l’auto, lasciarla ai parcheggi ATM di Lampugnano, San Leonardo o Molino Dorino e poi prendere la metro.
L’URSS esiste ancora
Sabato sera avevamo beatamente deciso di non uscire. Sì, perchè se esco tanto in settimana non sono uno di quelli che ha l’assillo del “sabato sera devo fare qualcosa”. Alché, non avendo grandi alternative, mi sono messo a guardare l’Eurovision Song Contest, chattando con altri amici che lo seguivano. Tralascerai un po’ lo spettacolo e sul piazzamento italiano per fare una riflessione su cosa ci dice il risultato russo. Non so se avete presente il sistema di votazioni: ogni paese assegna i suoi voti ai partecipanti, escluso ovviamente se stesso. Questo fa sì che, casualmente, la Serbia di il massimo dei punti al Montenegro e viceversa. Quest’anno però ha vinto la Russia ed è palese di come l’apertura a est dell’Eurovisione dia al blocco ex sovietico un grande vantaggio. Magari non vincerà sempre la Russia ma votandosi tra di loro le repubbliche ex sovietiche potrebbero vincere sempre. L’unione sovietica forse non esisterà più sulle cartine ma economicamente e politicamente è ancora un blocco ben unito.
Expo 2015: Estonia e Slovacchia
Proseguono senza troppa fretta le mie visiti in Expo e continuo a visitare nuovi padiglioni. Questione architettonica a parte, quello che ha attirato la mia attenzione è il modo in cui i diversi paesi hanno interpretato il tema dell’alimentazione. Ce ne sono alcuni, per esempio Estonia e Slovacchia, che hanno fatto dei bei padiglioni ma che non affrontano per niente il tema. In pratica sono solo un grande spot pubblicitario per il turismo di quel paese. Se si lascia questa libertà, almeno un po’ il senso della manifestazione si perde.
Expo 2015: la Svizzera
Il padiglione svizzero non è certo quello che colpisce maggiormente i visitatori, architettonicamente parlando. Una serie di parallelepipedi con un declinare catramato davanti. Quello che mi è però piaciuta è la loro interpretazione del teme di Expo da parte loro. La palazzina principale è formata da quattro torri che rappresentano silo di altrettanti loro prodotti: acqua, sale, caffè (!) e mele. Questi sono pieni, piano dopo piano, di scatole con confezioni monodose di questo prodotti. Il visitatore è invitato a prenderne quante ne vuole ma pensando anche agli altri. Ce n’è per tutti? Chiedono i cartelli. È un interessante riflessione sul consumo responsabile e sulle risorse disponibili. Chissà se le scorte basteranno fino a fine Expo.
Pantone 18-1438
La Pantone ha finalmente rilasciato la notizia che bramavo ormai da settimane. L’inizio del 2015 si avvicinava e io mi struggevo arrovellandomi… mi svegliavo nel sonno urlando “ma quale sarà il colore dell’anno 2015???”
Ora finalmente posso dormire sonni tranquilli: sarà il marsala (appunto il 18-1438 della loro scala).
Qualche considerazione:
– Sostengo da anni che noi uomini abbiamo una scheda grafica da pc 386: arriviamo a mala pena a distinguere 16 colori. Cosa me ne frega di sto violetto?
– Il marsala lo bevo, non lo indosso.
Quindi, da vero uomo rude, tirando un rutto e grattandomi le terga, vi propongo il video migliore per commentare questa notizia.
