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Cinema vs Videogiochi: per una manciata di dollari

 Una volta i videogiochi erano una cosa da ragazzini. Una volta, c’erano i videogiochi tratti dai film (erano chiamati i tie-in) che sfruttavano queste licenze per vendere di più. Poi le cose sono un po’ cambiate. I videogames sono cresciuti di spessore, di qualità e anche di costi di produzione. Infatti oggi il rapporto si è invertito e ci sono case di produzione che acquistano le licenze per portare titoli videoludici sul grande schermo. Anche i costi di produzione sono cresciuti e i cosiddetti titoli tripla A possono costare come un blockbuster hollywoodiano. Ma i ricavi? Prendiamo una notizia di oggi. The Division, gioco che sta spopolando di recente, a una settimana dal lancio ha incassato 330 milioni di dollari. Prendiamo allora la classifica del boxoffice di questa settimana e scopriamo che Deadpool dal suo lancio ha incassato negli Usa dal suo lancio 328 milioni di dollari. Ovvio, ci sono poi gli incassi nel resto del mondo ma c’è anche un arco temporale ben superiore a quello di The Division.

Sorgente: Tom Clancy’s The Division – The Division sbanca: 330 milioni nella prima settimana – Gamesurf.it

Il Made in Italy da esportazione

Continuando il recupero delle spigolature vacanziere che mi ero lasciato indietro, oggi vi parlo di Pasta. Per gli USA siamo stati (o siamo ancora) il paese della pista e della pasta. Che poi qui da noi non si trovino le Fettuccine Alfredo e i Meatballs Spaghetti, presenza fissa in qualsiasi ristorante italiano negli States, poco importa. Nelle generazioni di italiani oltreoceano si sono modificate tante piccole cose. Così mi ritrovo in un supermercato a stupirmi di vedere dei fusilli chiamato rotini. 

Che poi… Da noi ci mettono 11 minuti. Qui dichiarano 7-8, quindi vuol dire che la composizione  è diversa. C’è poi quell’inquietante frase “enriched macaroni product”

 

La terra dei record

Sfogliando le foto presenti sul cellulare mi sono accorto di alcune cose del viaggio di quest’estate che non vi raccontai. 

Quello nella foto per esempio è un cartello che mi ha strappato un sorriso. In un paese che puo’ vantare una storia relativamente breve, fissare un record “storico” è abbastanza facile. Soprattutto se poi ti cerchi delle nicchie come questo ristorante. 

 

Una pulce a Brooklyn 

Le auto americane sono note per essere gigantesche. Il mio adorato Pt era, ai tempi, pubblicizzato dalla Chrysler come “la piccola che sa fare la grande”. Uno slogan che qui da noi userebbero per la Ypsilon. Ecco perché mi sono stupito quando a Brookyln ho scoperto che è attivo Car2go. Non ne ho viste molte circolare ma, dalla mappa, il numero di vetture presenti era abbastanza alto. Niente da fare invece a Manatthan. Lì, tra traffico e parcheggi, girare in auto è praticamente impossibile.

  

Acquisti, jeans e dollaro 

Quest’estate negli USA non era molto periodo da buttarsi in grandi acquisti. Il cambio euro/dollaro non era favorevole e poi la globalizzazione ha fatto sì che non ci siano più quelle cose che oltreoceano si trovano e qui da noi no. Alla fine, con un vero tuffo negli anni 80 una delle cose più convenienti erano i jeans. I Levi’s 501 si trovavano a meno di 50 euro. Mi faceva un po’ “italiano al primo viaggio usa” ma alla fine è stato uno degli acquisti più convenienti. 

 

Una t-shirt non si nega a nessun… Negozio

I ristoranti americani, non solo quelli delle catene, hanno sempre avuto l’abitudine di produrre le proprie magliette da vendere come gadget. Quest’anno però ho notato come la cosa stia un po’ sfuggendo di mano. Ora spesso anche i chioschi dei farmer market e i piccoli ristoranti i di provincia ne hanno una. Talvolta veramente pessime. Potere della facilità con cui ormai se ne possono produrre, anche da noi, tramite internet.

Hamptons a gettoni

 Uno arriva in una delle zone più up degli USA (o almeno che hanno questa fama) e cosa fa? Va a fare il bucato in una lavanderia a gettoni. In una vacanza di tre settimane è una tappa quasi obbligata e nelle mie vacanze USA è una cosa capitata spesso. È anche un bel modo per entrare a contatto un po’ di più con la vita di tutti i giorni e fare del people watching. Anche questa volta c’erano tutti gli elementi classico di questa esperienza. Frequentato da fasce non certo abbienti (la signora degli Hampton non si fa il bucato da sola e non lo fa qua) ma ambiente rispettabile e pieno di bambini. Inoltre era venerdì sera e c’erano molti operai single a farsi il bucato. Menzione di merito al fatto che in questi luoghi vengono a morire vecchi e gloriosi coin op. Qui faceva bella mostra di sè un doppio cabinato Ms Pacman e Galaga.

Tornando agli Hampton (o Hamptons, non mi è ancora chiaro) altro non sono che la punta di Long Island. La parte chic c’è e parte da dove siamo noi a salire. La vedremo domani.

Post vacanziero didascalico

In effetti se uno segue solo il mio blog ma non mi ha come amico su Facebook o Twitter, ha un’idea molto parziale del giro che stia facendo. Rimedio subito. Il 12 sono partito da Milano, scalo a New York e arrivo a Portland. Non quella famosa dell’Oregon ma quella sfigata del Maine. Sfigata per modo di dire, perché il primo giorno ha riservato belle sorprese. La cittadina era carina e subito abbiamo fatto un giro in battello della baia. In serata poi, a sorpresa, abbiamo origliato da fuori un concerto dei Beach Boys. Ci siamo poi mossi sulla costa, tra un faro e un lobster. Ora stiamo finendo due giorni pieni all’Acadia N.P., stando di base a Bar Harbor. È il cuore naturalistico dell’itinerario.  Il clima, come già scritto, è molto meglio del previsto e io mi sto prendendo molto sole, come scriverò.